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Premio Strega 2013, tra i candidati "Apnea" di Lorenzo Amurri

22 Aprile 2013 , Scritto da Anastasia Biancardi Con tag #Anastasia Biancardi

Premio Strega 2013, tra i candidati "Apnea" di Lorenzo Amurri

Lorenzo Amurri, classe '71, era un giovane musicista che amava il Metal e il Rock, la droga e il sesso, fino a quando un giorno la sua vita è cambiata radicalmente. Sono passati 19 anni da quando ha suonato l'ultima canzone pizzicando con grande talento le corde della sua chitarra; ora le sue mani sono chiuse a pugno e le sue dita stentano a muoversi ma, una passione andata perduta per sempre ha lasciato il posto a una nuova. Grazie ad una nocca della sua mano destra esce"Apnea" edito da Fandango Libri.

Nato per vivere e fare musica, il destino lo ha condotto sulla strada che suo padre Antonio Amurri, prima di lui, aveva percorso come famoso scrittore e paroliere italiano; quella stessa strada che da giovane aveva escluso dalla sua vita. Fratello del regista Franco Amurri, famoso per i film Il ragazzo del Pony Express con Jerry Calà e Da Grande con Renato Pozzetto, da lui ha ereditato l'ironia con cui è riuscito, in certi capitoli, a descrivere la sua drammatica esperienza e perpetua condizione. Oltre ad essere diventato ufficialmente scrittore grazie a questo nuovo romanzo uscito il 24 gennaio, è un produttore musicale e ha collaborato con i Tiromancino, Asia Argento e Franco Califano. Scrive sul blog Tracce di Ruote, dal quale è stato estratto un racconto pubblicato nella raccolta Amore Caro a cura di Clara Sereni.

Il suo libro si può definire un pugno allo stomaco.

Lorenzo è vittima di un terribile incidente e convive forzatamente con l'altra metà del suo corpo, quell'inquilino a volte scomodo che gli impedisce di fare tutto ciò che desidera. Il libro racconta l'esperienza di un giovane di bell'aspetto, indipendente e amante della trasgressione che, un giorno come un altro, si schianta contro un pilastro di cemento sulle piste da sci. Da qui inizia la sua Apnea che parte dal momento del risveglio, passa per l'operazione, la rianimazione e la completa immobilità, continuando con nove mesi passati in un ospedale di Zurigo per la riabilitazione, fino ad arrivare a tessere le trame di un perfetto suicidio che, tuttavia, si rivelerà essere semplicemente un modo per comprendere che, nonostante la sua condizione, la sua indipendenza non è del tutto minata e può ancora provare a vivere. Essere tetraplegici, ci fa intendere l'autore, non è poi così male in quanto si tratta di una condizione che dà spazio e importanza a tutto ciò che, fino a poco prima, si dava per scontato o non si teneva neppure in considerazione. La forza e il coraggio uniti ad una famiglia e a degli amici che ti vogliono bene, sono la medicina di ogni male.

Di seguito un estratto dal libro "Apnea" candidato al Premio Strega, e presentato da Clara Sereni e Sandro Veronesi.

"È quasi l'ora di pranzo. Sto sciando insieme alla mia fidanzata, in realtà la precedo perché è troppo lenta. È quasi l'ora di pranzo. Ho la faccia immersa nella neve. Non sento più niente, come fossi dentro un batuffolo d'ovatta. Non riesco a respirare. Qualcuno mi prende la testa tra le mani e la gira: respiro.

Ora sono in un garage, sembra l'officina di un meccanico. Ho la sensazione di avere una persona davanti girata di spalle e una dietro che mi tocca la testa, ma non le distinguo chiaramente. Ho sete. Qualcuno mi fa bere. Sento il liquido fresco scendere giù fino allo stomaco e oltre; lo sento nella vescica e non posso trattenerlo dentro; lo sento fluire in mezzo alle gambe: è bellissimo, paragonabile a un orgasmo.

Il garage è l'elicottero che mi sta trasportando d'urgenza in ospedale. Sono sveglio ma la mia coscienza vaga scioccata, costruendo una difesa visionaria che confonde quello che in realtà sta succedendo. Mi diranno in seguito che in molti, trasportati in elicottero dopo gravi incidenti, raccontano di essere stati in un garage; mi diranno anche che all'arrivo al pronto soccorso ho detto che qualcuno mi aveva dato da bere, scatenando un attimo di panico generale. Se qualcuno l'avesse veramente fatto, non sarei qui a scrivere.

Mi sorprende vedere che sul lungomare di Ostia hanno costruito un ospedale americano. Anche le ambulanze sono americane: grosse, quasi quadrate e piene di luci e lucette intermittenti. Sono sdraiato sul cofano di una macchina proprio davanti all'ingresso, intorno a me infuria una battaglia. Truppe di marines statunitensi affrontano guerriglieri di un'etnia africana non meglio definita: fumo, proiettili, esplosioni. Non riesco ad alzarmi. Non credo di essere ferito, ma ho grosse difficoltà a muovermi, posso solo essere uno spettatore passivo di ciò che accade. Gli africani stanno tentando un colpo di stato, di quale stato non saprei, e si fanno esplodere. Ma non come i terroristi islamici carichi di tritolo, questi diventano incandescenti come la lava e saltano in aria. Sembra una reazione chimica, una specie di autocombustione esplosiva. Sopra l'ingresso del pronto soccorso c'è una grata rettangolare color oro. Nascosto dietro, un guerrigliero sta gradualmente cambiando colore: dal nero all'arancione, fino al rosso fuoco. Mi agito e cerco di avvertire i marines, ma non riesco a gridare, dalla mia bocca non esce alcun suono. Mi giro di lato e vedo un grande pullman di quelli da gita turistica. È fermo davanti a me e si divide a metà: grazie a qualche congegno, la coda si separa dalla testa rimanendo comunque attaccata. La carrozzeria si divide mentre la scocca si allunga. Di lato fuoriesce una pedana quadrata bucata nel mezzo, con un guerrigliero appeso e incandescente. Sotto la pedana, dove un minuto prima c'era asfalto, si apre una profondissima voragine. La scena ricorda vagamente una nave pirata col suo trampolino sul mare infestato dagli squali. Infatti, l'uomo nero viene fatto precipitare nella buca prima di esplodere.Di colpo mi ritrovo all'interno del pullman. Sono seduto davanti con lo schienale del sedile completamente reclinato. In piedi accanto a me, un uomo con i capelli bianchi mi parla: "Tu sei figlio di Antonio e Milvia?". "Sì." "Allora devi stare tranquillo che non ti succederà niente." La voce dell'uomo è ferma e rassicurante, ma io ho paura: è lui il capo dei guerriglieri.

L'operazione alla colonna dura nove ore, la lesione è molto grave. Per non parlare della frattura al polso, della lussazione alla spalla, del naso rotto e dei tagli in testa. Sostituiscono una vertebra disintegrata con un pezzo di cresta iliaca, l'osso del fianco; in realtà ci vorrebbero le placche di titanio, ma non sono disponibili e non posso aspettare che arrivino. L'unica controindicazione e che devo stare immobile, il collo deve rimanere dritto per tre mesi. Devono montarmi addosso un halo-vest: una corona avvitata a quattro assi di ferro, a loro volta avvitate al cranio. Il tutto assicurato a un busto di plastica dura che copre spalle e petto, arrivando alla bocca dello stomaco. Anche per l'halo bisogna aspettare qualche giorno, ma io il collo lo muovo. E l'unica parte del corpo che riesco a comandare in questo momento, e mordo i tubi che immettono aria nei miei polmoni. Decidono di farmi una tracheotomia. Decidono anche di farmi cadere in un coma pilotato, un coma farmacologico".

Anastasia Biancardi

http://www.corriereinformazione.it/2013042225376/libri-e-book/premio-strega-2013-tra-i-candidati-apnea-di-lorenzo-amurri.html

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